Diritto Primo Esonero Cadin
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- Cosa prevede l’art. 38 dello Statuto della CIG? | L’art 38 dello Statuto della CIG contiene l’elenco delle fonti che la stessa CIG deve applicare per risolvere controversie internazionali. |
- Cosa deve fare uno Stato per diventare “ipso facto” parte dello Statuto della CIG? | Essere parte dell’ONU o con un accordo ad hoc. |
- Lo Statuto CIG riproduce lo Statuto di quale tribunale internazionale istituito ai tempi della Società delle Nazioni? | Lo Statuto della CPGI del 1920 |
- Perché nell’elenco contenuto nell’art. 38 dello Statuto della CIG l’accordo è anteposto alla consuetudine? | Nell’art 38 dello Statuto della CIG l’elencazione delle fonti non segue una logica gerarchica, bensì funzionale. L’accordo (diritto pattizio) è anteposto nell’elenco alla consuetudine per la regola “legge speciale prevale sulla generale”: la CIG, nella risoluzione della controversia tra due Stati, qualora ci fosse un accordo applicabile per tale risoluzione, non deciderà di applicare la consuetudine nella risoluzione della controversia, ma proprio l’accordo accettato e voluto dagli Stati stessi. |
- Ai sensi dell’art. 38 dello Statuto della CIG qual e il valore riconosciuto alle decisioni giudiziarie e alla dottrina piu autorevole? | Il valore riconosciuto alle decisioni giudiziarie e alla dottrina piu autorevole nella risoluzione delle controversie è di mezzi sussidiari di accertamento. Per quanto riguarda le decisioni giudiziarie, non vige nel diritto internazionale l’istituto dello STARE DECISIS secondo il quale i giudici sono vincolati a conformarsi alle decisioni giudiziarie passate in giudicato. Ciò non significa però che i giudici della CIG non possano avvalersi di tale strumento per confermare e sostenere più fortemente quanto già deciso utilizzando il diritto pattizio e il diritto generale. Per quanto riguarda invece la dottrina più autorevole, neanche quest’ultima può essere adottata da sola nella risoluzione delle controversie in quanto la dottrina è spesso assai divisa. |
- A quale importante accordo internazionale e allegato lo Statuto della CIG? | Alla Carta delle NU del 1945. |
- Quali sono le differenze e i rapporti tra il diritto della coscienza e il diritto della volontà? | La differenza sostanziale tra diritto della coscienza e il diritto della volontà è che il primo è fatto giuridico, il secondo atto giuridico. Fatto giuridico (consuetudini) perché non deriva dalla volontà dei soggetti internazionali, ma è sentito nella loro coscienza giuridica come vincolante, obbligatorio e necessario, anche che vada contro i propri interessi. Il diritto della volontà è invece un atto giuridico (accordi) perché sono gli stessi soggetti internazionali a voler accordarsi. |
- La consuetudine internazionale corrisponde al diritto internazionale generale? | Non esattamente. Più che corrispondere al diritto internazionale generale, la consuetudine è un metodo di accertamento di diritto internazionale generale. È un meccanismo di rilevazione di diritto internazionale generale da parte dell’interprete. |
- Cosa sono i principi generali di diritto? | Al riguardo la dottrina è divisa: una parte crede che siano principi comuni ai vari ordinamenti giuridici utilizzati anche nella prassi internazionale divenendo così norme consuetudinarie; un’altra parte crede che più di fonti giuridiche siano criteri interpretativi per l’accertamento del diritto; altra che coincidano con i principi costituzionali; un’altra ancora che non esistano proprio. Secondo Gialdino, invece, i principi generali esistono e sono di due tipi: principi generali del diritto internazionale e i principi di diritto interno dedotti e astratti dall’insieme di tutti gli ordinamenti. |
- Rispetto a quale fonte del diritto internazionale l’art. 38 dello Statuto della CIG fa riferimento alle “nazioni civili”? | Ai principi generali del diritto internazionale, lettera c dell’art 38. “principi generali del diritto internazionale riconosciuti dalle nazioni civili” |
- Perche l’art. 38 dello Statuto della CIG non fa riferimento allo ius cogens? | Perché lo Statuto della CIG risale agli anni 20 del novecento, quando l’istituto dello jus cogens non si era ancora consolidato. Lo jus cogens è stato codificato per la prima volta nella Convenzione di Vienna del 1969 a titolo di sviluppo progressivo (artt 53 e 64) |
- La norma base secondo la piramide kelseniana delle fonti è “pacta sunt servanda”? | La norma base secondo il Kelsen maturo era la norma “consuetudo est servanda” |
- Jus cogens e norme produttive di obblighi erga omnes: due facce della stessa medaglia? | Non esattamente, perché nascono da un’esigenza e una logica differente. Le norme cogenti sono giuridicamente vincolanti ed inderogabili, nascono dall’esigenza di salvaguardare interessi essenziali, inviolabili e non statali (limitare il potere sovrano dello Stato) e la cui violazione si manifesta soprattutto nell’ambito del diritto dei trattati (conseguente invalidità di un trattato). Le norme produttive di obblighi erga omnes tutelano interessi non particolari dello Stato, ma interessi pubblici. La loro violazione provoca una responsabilità solidale della comunità internazionale. Sono obblighi non verso un altro Stato, ma verso tutta la comunità internazionale e se violate, tutti i soggetti internazionali potranno invocare la responsabilità dello Stato offensore (e non solo lo stato leso) davanti la CIG. |
- Qual e l’elemento giuridico che consente di differenziare tra le norme consuetudinarie e quelle cogenti? | L’elemento giuridico che differenzia i due tipi di norme è l’inderogabilità. Di fatti, le norme consuetudinarie possono essere derogate da accordi, le norme cogenti no, pena l’invalidità o estinzione del trattato ai sensi degli artt 53 e 64 della Convenzione di Vienna del 1969. |
- Il divieto di aggressione ha natura cogente? | Sì perché, pur tutelando un interesse statale, tutela anche il diritto di tutti i popoli di vivere in pace. |
- Qual e la conseguenza peculiare della violazione di norme produttive di obblighi erga omnes? | La violazione apre una questione di responsabilità solidale. Tutti gli Stati possono invocare la responsabilità dello Stato offensore davanti alla CIG, non solo lo Stato leso. |
- Perché la Francia ha sempre contestato il concetto di ius cogens? | Perché sostiene che la sovranità del popolo francese non incontra alcun limite giuridico. Non accetta che il diritto internazionale possa inviare dei comandi giuridici inderogabili ad uno Stato. |
- Cosa si intende per fonti di terzo grado poste da accordi internazionali? | Le fonti di terzo grado sono quegli atti giuridicamente vincolanti posti da accordi internazionali. Lo Statuto di alcune organizzazioni internazionali ha disposizioni che danno la facoltà ad alcuni organi dell’organizzazione di adottare decisioni giuridicamente vincolanti. |
- I regolamenti sanitari internazionali adottati dall’OMS sono giuridicamente vincolanti per gli Stati membri? | Si a meno che gli Stati non esercitino la facoltà di opting-out |
- Quali obblighi giuridici nascono in capo allo Stato membro che non ratifica una convenzione adottata sotto gli auspici dell’OIL? | Obbligo di presentare rapporti; Obbligo di partecipare alle discussioni |
- Il Consiglio di sicurezza può adottare decisioni giuridicamente vincolanti ai sensi del cap. VII della Carta delle Nazioni Unite? | Si, secondo l’art 41 della Carta dell’ONU, il Consiglio di Sicurezza può adottare decisioni giuridicamente vincolanti, solo nel caso in cui vi è una minaccia alla pace internazionale. Secondo l’art 42 il CDS può adottare anche misure coercitive con l’uso della forza. |
- Cosa prevede l’art. 103 della Carta dell’ONU? | L'articolo 103 della Carta delle Nazioni Unite sancisce l'inderogabilità degli obblighi scaturenti dalla Carta medesima e delle decisioni vincolanti adottate dagli organi delle Nazioni Unite. Inoltre stabilisce che in caso di contrasto tra gli obblighi contratti dei membri delle Nazioni Unite con lo Statuto e gli obblighi da essi assunti in base a qualsiasi altro accordo internazionale prevalgono gli obblighi derivanti dallo Statuto. |
- Cosa si intende per l’effetto di liceità prodotto dalle raccomandazioni adottate dalle organizzazioni internazionali? | Benedetto Conforti ha elaborato tale teoria secondo la quale le raccomandazioni delle Organizzazioni internazionali è vero che non sono vincolanti, ma se il comportamento raccomandato non viene obiettato da nessuno Stato, allora sarebbe lecito fino a prova contraria per gli Stati Membri dell’organizzazione che hanno votato a favore di quella raccomandazione. Si tratta di un’inversione dell’onere alla prova e di una presunzione alla liceità relativa: non è lo Stato che mette in atto il comportamento a doverne dimostrare la liceità, ma lo Stato obiettante a doverne dimostrare l’illiceità. |
- Le Dichiarazioni di principi adottate dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite sono giuridicamente vincolanti per gli Stati membri? | La natura giuridica delle dichiarazioni di principi è raccomandatoria. Tuttavia, se queste dichiarazioni vengono votate all’unanimità o per consensus e se vengono riaffermate in successivi accordi internazionali, può nascere una presunzione circa la natura obbligatoria di queste dichiarazioni. |
- Quali sono gli elementi costituitivi della consuetudine? | Gli elementi costitutivi sono la repetitio facti e l’opinio juris. |
- La consuetudine è diritto scritto o non scritto? | Non scritto che può però essere oggetto di codificazione. |
- La consuetudine e un atto o un fatto giuridico? | Fatto giuridico perché necessario e non voluto. |
- Perché deve essere rigettata la concezione volontaristica della consuetudine? | Perché altrimenti concernerebbe solo gli Stati che vogliono comportarsi in quel modo. |
- Che cos’e l’opinio juris? | È il sentimento dell’obbligatorietà di un comportamento nella coscienza giuridica. Sentire quel comportamento come necessario e quindi vincolante, non perché voluto. |
- Qual e la sfera di applicazione soggettiva della consuetudine? | Sfera di applicazione generale, si applica a tutti i soggetti internazionali perché diritto necessario e non è di natura volontaristica. |
- Affinché nasca una consuetudine è necessario che tutti gli Stati l’accettino? | No perché in tal caso verrebbe a mancare la natura necessaria e obbligatoria di quel comportamento, se fosse necessario che tutti gli stati la accettino è come se la consuetudine acquistasse quel carattere volontaristico che è stato ormai superato. |
- Quali sono i tempi di formazione della consuetudine? | Non ci sono tempi precisi per la formazione di consuetudini. Ci sono casi in cui le consuetudini si formano in tempi lunghissimi e altri casi in cui si cristallizzano in tempi brevi (formazione di consuetudine ad alta velocità) |
- Qual e il ruolo dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite in materia di formazione della consuetudine? | Tramite l’adozione di raccomandazioni/dichiarazioni di principi è possibile che l’Assemblea Generale contribuisca alla formazione ad alta velocità di consuetudini e alla promozione dello sviluppo progressivo del diritto. Le dichiarazioni di principi è vero che hanno natura giuridica raccomandatoria, ma nel caso in cui vengano votate all’unanimità, per consensus o se vengono ritirati tutti i voti contrari e se tali principi vengono riaffermati più volte in successive dichiarazioni o in successivi accordi, può nascere la presunzione circa la natura vincolante e obbligatoria di queste raccomandazioni. In alcuni casi queste dichiarazione di principi danno quindi la spinta ultima e decisiva alla cristallizzazione di dinamiche normative già in atto; in altri casi queste dichiarazioni consentono di specificare maggiormente norme consuetudinarie già esistenti. In altre casi, se le dichiarazioni sono innovative, l’Assemblea cerca di orientare lo sviluppo progressivo del diritto internazionale in materia che avverrà in tempi piuttosto lunghi, fa emergere un’esigenza innovativa che poi dovrà essere confermata dalla prassi successiva e dall’opinio juris degli Stati. Le dichiarazioni di principi, anche quelle più celebri o famose, hanno la natura giuridica iniziale di mere raccomandazioni. Ciò non toglie però che successivamente alla loro adozione queste dichiarazioni sono state oggetto di continui richiami in dichiarazioni seguenti e anche in accordi internazionali che le hanno considerate come riproduttive del diritto internazionale generale consuetudinario o come aventi la natura giuridica di accordi internazionali. Quindi se inizialmente si trattava di mere raccomandazioni, la prassi successiva degli stati ha confermato l’opinio juris emergente da queste dichiarazioni. Ovviamente perché si verifichi questo fenimeno di nascita rapida di norme consuetudinarie dal contenuto identico ai principi affermati da queste dichiarazioni, è necessario che queste dichiarazioni siano state adottate dall’assemblea generale all’unanimità o per consensus (procedura di non voto senza obiezioni da parte dei partecipanti, le astensioni non vengono presi in considerazione, basta che non ci siano voti contrari). Anche se ci sono stati voti contrari bisogna prendere in considerazione la prassi successiva: nel tempo i voti contrari che vengono ritirati (dichiarazione del 2007 sui diritti dei popoli indigeni inizialmente votata contro da USA, Canada, Australia e Nuova Zelanda che poi negli anni successivi hanno ritirato il loro voto contrario). |
- Cosa afferma la teoria dell’obiettore persistente? | Secondo la teoria dell’obiettore persistente, se il soggetto internazionale in maniera coerente e persistente ha dall’inizio obiettato circa l’esistenza di una norma consuetudinaria, allora questa norma consuetudinaria non sarebbe applicabile nei confronti dello stato obiettante. L’obiezione dello stato non è circa la volontà dell’applicazione nei suoi confronti della norma, bensì lo stato ne obietta proprio l’esistenza, e di conseguenza tale norma non potrebbe essere applicata. Tuttavia questa teoria è stata ormai superata in quanto è deceduta la concezione e natura volontaristica della norma consuetudinaria. |
- La consuetudine può essere derogata da un accordo? | Si per la regola “lex specialis derogat generali” |
- Che cos’è la desuetudine? | Per desuetudine si intende il venir meno di una prassi consolidata per mancata osservanza dei comportamenti da essa previsti. |
- Cosa si intende per codificazione del diritto internazionale generale? | Si intende la trasposizione scritta di norme consuetudinarie già cristallizzate nella coscienza giuridica internazionale. |
- Quali finalità persegue la codificazione del diritto internazionale generale? | Ha la finalità di codificare norme consuetudinarie già cristallizzate nella coscienza giuridica internazionale e promuovere lo sviluppo progressivo del diritto internazionale di norme ritenute non ancora obbligatorie nella coscienza giuridica. |
- Qual e l’organo sussidiario delle Nazioni Unite competente in materia di codificazione? | Commissione del Diritto Internazionale |
- Cosa si intende per sviluppo progressivo del diritto internazionale? | Si intendono, quelle norme ancora non cristallizzate in norme consuetudinarie, ma che la Commissione ritiene socialmente necessarie. |
- Come si fa a capire se una disposizione è stata inserita in un progetto approvato dalla Commissione del diritto internazionale a titolo di codificazione o di “sviluppo progressivo del diritto internazionale”? | Lo si legge nel commento dell’articolo presente nel trattato stesso. |
- Le convenzioni di codificazione possono “invecchiare” precocemente? | Si in quanto il diritto internazionale è diritto in continua evoluzione. |
- Il diritto dei trattati e stato oggetto di codificazione? | Si, con la Convenzione di Vienna sul diritto dei Trattati tra Stati del 1969 entrata in vigore nel 1980 e la Convenzione di Vienna del 1989 sui trattati tra Stati e organizzazioni internazionali ancora non entrata in vigore. |
- A quali accordi internazionali e applicabile la Convenzione di Vienna del 1969 sul diritto dei trattati? | Ai trattati conclusi in forma scritta tra Stati. |
- La Commissione del diritto internazionale si è occupata della codificazione dello ius cogens? | Sì, la codificazione dello ius cogens si è conclusa con le conclusioni adottate nel 2022 dalla CDI, secondo cui il diritto cogente ha come caratteristica l’inderogabilità. |
- Che cos’e un accordo internazionale? | Incontro di due o più manifestazioni di volontà dal contenuto identico tra soggetti internazionali volto a creare, modificare o estinguere norme giuridiche del diritto internazionale. |
- Cosa si intende per elemento sinallagmatico? | L’incontro tra due o più manifestazioni di volontà dal contenuto identico. |
- Cosa si intende per intesa internazionale non giuridicamente vincolante? | Si intendono le intese politiche che possono essere inquadrate nel diritto debole (soft law). Intese che impegnano gli stati sotto il profilo politico, ma non quello giuridico. Quindi non sono accordi internazionali e quindi non devono neanche essere registrate presso il segretariato delle NU. Facciamo quindi riferimento a dichiarazioni politiche che possono essere confuse come accordi internazionali ma non lo sono perché manca la volontà delle parti che hanno concluso e approvato queste dichiarazioni di dar vita a un accordo internazionale giuridicamente vincolante. Per esempio, atto finale della conferenza di Helsinki sulla cooperazione e sicurezza in Europa del 1975 (CSCE). Ha dato avvio al fenomeno della distensione in Europa nonostante la guerra fredda. Non è un accordo internazionale, ma dichiarazione avente natura politica. Impegna politicamente gli stati vincolanti, ma non giuridicamente. Se lo stato vincolante dovesse non conformarsi a quanto stabilito, ciò non integrerebbe un illecito internazionale e quindi non ne deriverebbe la responsabilità internazionale dello stato che pur avendo partecipato a tale dichiarazione poi non si è conformato a quanto dichiarato. Altro esempio collegato al CSCE di intesa non giuridicamente vincolante è costituito dalla dichiarazione di Budapest del 1994 che ha portato la trasformazione del CSCE in OSCE (organizzazione per la sicurezza e per la cooperazione in Europa) dichiarazione che segna una seppure debole istituzionalizzazione della CSCE. Ma questa dichiarazione, come prevedono le disposizioni finali, non è un accordo internazionale. Gli stati che hanno partecipato alla dichiarazione hanno previsto nella dichiarazione stessa che essa non debba essere registrata presso il segretariato delle NU e quindi che non sia un accordo internazionale. |
- Un accordo internazionale deve essere necessariamente concluso in forma scritta? | No, anche in forma orale, ma in tal caso non può essere invocato davanti agli organi internazionali e inoltre non può essere applicata la Convenzione di Vienna del 1969 |
- Solo gli Stati possono stipulare un accordo internazionale? | No, tutti i soggetti internazionali. |
- Che cos’è un “accordo di collegamento”? | È un accordo tra l’organizzazione delle Nazioni Unite e un’altra organizzazione internazionale che vuole diventare un istituto specializzato delle Nazioni Unite. |
- Che natura giuridica ha la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948? | Natura giuridica di raccomandazione, ma con la prassi successiva è nata la presunzione circa la sua natura obbligatoria. |
- Cosa si intende per accordo internazionale “aperto”? | Si intendono quei trattati che prevedono la possibilità all’adesione al trattato per stati terzi, ovvero stati che non hanno partecipato alla fase dei negoziati. |
- Cosa si intende con l’espressione “lingue ufficiali facenti ugualmente fede”? | Si intendono le lingue in cui è stato redatto il trattato, in caso di controversia nell’interpretazione del trattato, entrambi i trattati fanno fede. |
- In quali lingue era stato concluso l’Accordo di Uccialli tra Italia ed Etiopia? | Italiano e Amarico (?) |
- Quali sono le procedure idonee a modificare un trattato? | Un trattato può essere emandato per accordo fra le parti, salvo che il trattato stesso non disponga diversamente. Ogni proposta tendente ad emandare un trattato multilaterale nei rapporti fra tutte le parti deve essere notificata a tutti gli stati contraenti e ciascuno di essi ha il diritto di partecipare alla decisione sul seguito da dare a questa proposta e alla negoziazione e alla conclusione di ogni accordo che abbia per oggetto di emandare il trattato. L’accordo che ha per oggetto l’emendamento non vincola gli Stati che fanno già parte del trattato e non fanno parte però di quell’accordo. vi è dunque una seconda possibilità secondo cui solo due o più parti contraenti dell’accordo multilaterale si accordano a modificare il trattato, però a queste condizioni: tale possibilità deve essere prevista dal trattato (o non deve essere vietata); tale possibilità non deve pregiudicare i diritti delle altere parti contraenti e infine la possibilità non deve recare pregiudizio alle norme cogenti. |
- La revisione dell’atto istitutivo di una organizzazione internazionale segue regole particolari? | Si, con la prassi applicativa si sono affermati principi che derogano al principio consensuale tipico degli accordi: si è affermato il principio normativo secondo cui se l’emendamento è stato approvato dalla maggioranza, avrà allora effetti erga omnes. La modifica approvata a maggioranza degli Stati membri dell’organizzazione internazionale avrà effetti anche sugli stati che non hanno ratificato l’emendamento. |
- Cosa prevede l’art. 108 della Carta delle Nazioni Unite? | Prevede il procedimento per emandare la Carta stessa dell’ONU, basata sul principio normativo, seguendo una procedura mista divisa in due fasi: una interna e una esterna. |
- La maggioranza dei due terzi prevista dall’art. 108 per l’approvazione di un emendamento alla Carta delle Nazioni Unite da parte dell’Assemblea generale è relativa od assoluta? | La maggioranza dei 2/3 dei membri dell’Assemblea Generale dell’ONU per l’approvazione di un emendamento è una maggioranza qualificata assoluta: si riferisce a tutti i 193 membri, presenti e non presenti, dell’Assemblea Generale: bisogna quindi arrivare a una maggioranza di 129 membri per l’approvazione dell’emendamento. |
- I membri permanenti del Consiglio di sicurezza possono impedire l’entrata in vigore di un emendamento alla Carta delle Nazioni Unite? | Si, tramite il voto contrario all’emendamento nella seconda fase esterna della ratifica. |
- Un accordo può derogare ad una norma consuetudinaria? | Si purché non sia cogente |
- In linea generale un accordo può essere applicato retroattivamente? | Si con alcune eccezioni |
- Chi sono i plenipotenziari? | I plenipotenziari sono rappresentanti dello Stato, di solito diplomatici, delegati dallo Stato membro a partecipare alla fase dei negoziati di un trattato, i quali hanno bisogno dei pieni poteri conferitigli dal Presidente della Repubblica. |
- Quali organi dello Stato non hanno bisogno dei pieni poteri? | PDR, PDC, Ministro degli Affari Esteri. |
- Qual e la differenza tra un trattato concluso in forma solenne e un trattato concluso in forma semplificata? | Per un trattato concluso in forma semplificata, dopo l’adozione del testo, la firma ha valore di esprimere il consenso a vincolarsi/obbligarsi degli Stati al trattato. Per i trattati conclusi in forma solenne, c’è bisogno della fase successiva della ratifica per esprimere il consenso ad obbligarsi |
- Come si fa a capire se un trattato è stato concluso in forma solenne o semplificata? | Bisogna andare sul sito del depositario dove vi è una banca dati con i trattati multilaterali conclusi, comprendenti tutte le informazioni su Parti, riserve ed eventuali obiezioni. |
- Come si concludono i negoziati in caso di esito positivo? | In caso di esito positivo, i negoziati si concludono con l’adozione del testo e con l’apertura alla firma. |
- Cosa significa che il testo di un trattato e stato adottato per consensus? | È un sistema di non voto in cui non ci sono obiezioni all’adozione del testo. |
- A quale maggioranza è stato adottato lo Statuto della Corte penale internazionale dalla Conferenza diplomatica di Roma del 1998? | Maggioranza dei 4/5 |
- Qual e il valore della firma nei trattati conclusi in forma semplificata? | Ha il valore di esprimere il consenso dello Stato firmatario a vincolarsi al trattato. |
- Qual e il valore della firma nei trattati conclusi in forma solenne? | È un elemento notarile. Non esprime il consenso a vincolarsi al trattato, non vincola lo Stato firmatario alla ratifica. Tuttavia la firma pone in essere altri obblighi: ovvero quello di comportarsi in buona fede. Gli stati firmatari non dovranno boicottare apertamente il trattato che hanno firmato, non deve porre in essere comportamenti che comporterebbero l’impossibilità dell’attuazione del trattato. |
- In cosa consiste la procedura di “ritiro” della firma disciplinata dall’art. 18 della Convenzione di Vienna del 1969? | È una procedura di “sbattezzo” del trattato che lo Stato ha firmato. Se lo stato firmatario cambia idea e non vuole più ratificare il trattato a cui ha apposto la firma, può manifestare la sua intenzione di non ratificare il trattato presso il depositario, è come se ritirasse la firma e non ha più l’obbligo di comportarsi in buona fede. |
- La procedura di “ritiro” della firma ex art. 18 della Convenzione di Vienna del 1969 ha mai trovato applicazione? | Nel momento tra la ratifica e la firma (protocollo di Kyoto) |
- Qual e la differenza tra ratifica ed adesione? | La ratifica si riferisce agli Stati che hanno partecipato ai negoziati del trattato ed esprime la volontà a vincolarsi al trattato. Anche l’adesione esprima la volontà a vincolarsi, ma si riferisce solo agli Stati terzi, vale a dire quelli che non hanno partecipato ai negoziati ma che vogliono entrare a far parte del trattato successivamente tramite la manifestazione di volontà ad aderire presso il depositario. |
- Quali sono le modalita di entrata in vigore di un trattato? | Per i trattati bilaterali è necessario lo scambio degli strumenti di ratifica tra le due parti contraenti; per trattati multilaterali, la ratifica non ha valore internazionale se non viene depositata presso il depositario. Finché non avviene la stipulazione, finché la manifestazione di volontà (strumento di ratifica) non viene depositata e non si “incontra” con un numero minimo di altri strumenti di ratifica, il trattato non entra in vigore. Inoltre, molti trattati multilaterali, oltre a prevedere nelle disposizioni finali il deposito di un numero minimo di stati per l’entrata in vigore, prevedono anche condizioni qualitative. |
- Quali erano le condizioni previste dal Protocollo di Kyoto del 1997 per la sua entrata in vigore? | L’art 25 del protocollo di Kyoto del 1997 prevedeva, per l’entrata in vigore, la ratifica da almeno 55 Stati (condizione quantitativa) e che questi Stati complessivamente rappresentassero non meno del 55% delle emissioni di gas co2 serra globali (condizione qualitativa) |
- In cosa consiste l’applicazione in via provvisoria di un trattato? | Si intendono trattati conclusi in forma solenne la cui applicazione è possibile dal momento della firma in via provvisoria. Vale a dire che dal punto di vista pratico è come se “entrassero in vigore” dal momento della firma. Questo è possibile solo quando è previsto dal trattato stesso o se è previsto da un accordo/protocollo collegato al trattato. Di solito per trattati importanti di cui è necessaria l’applicazione. |
- L’Accordo GATT del 1947 è mai entrato in vigore? | No, non è mai entrato in vigore. Ma è stato applicato a titolo provvisorio per 50 anni. |
- In quali casi e ammessa l’applicazione in via provvisoria di un trattato? | Quando previsto dal trattato stesso o da un protocollo/trattato collegato al trattato stesso. |
- Chi è il depositario degli accordi conclusi sotto gli auspici delle Nazioni Unite? | Il segretariato delle Nazioni Unite. |
- Quali conseguenze comporta la mancata registrazione di un trattato ai sensi dell’art. 102 della Carta delle Nazioni Unite? | Secondo l’art 102 della carta dell’ONU, la mancata registrazione presso il segretariato comporta l’impossibilità di invocare tale trattato di fronte agli organi internazionali. |
- Cosa prevedeva in materia di registrazione dei trattati l’art. 18 del Patto della Societa delle Nazioni? | L’art 18 del Convenant prevedeva, in caso di mancata registrazione presso il depositario, che il trattato non sarebbe potuto essere applicato e non avrebbe avuto rilevanza giuridica. |
- Qual e la definizione di riserva? | Dichiarazione unilaterale, quale che sia la sua articolazione e denominazione, fatta da uno Stato quando sottoscrive, ratifica, accetta, approva un trattato o vi aderisce, attraverso la quale esso mira ad escludere o modificare l'effetto giuridico di alcune disposizioni del trattato nella loro applicazione allo Stato medesimo. Ha la natura giuridica di manifestazione di volontà (atto giuridico). La sua definizione è formalmente assorbente, ovvero giuridicamente rilevante. |
- Che cosa e una dichiarazione interpretativa? | La dichiarazione interpretativa è uno strumento di cui si avvale un soggetto internazionale per dare un’interpretazione particolare a una disposizione del trattato. Spesso gli Stati si avvalgono di questo strumento quando il trattato vieta esplicitamente la possibilità di riserve: in questo modo appongono riserve dissimulate. |
- Qual e il momento di apposizione di una riserva? | Il momento di apposizione è lo stesso della deposizione dello strumento di ratifica presso il depositario. |
- In quali casi una riserva e inammissibile? | Mancanza dei requisiti formali; Intempestività; Genericità; Incompatibilità con le clausole contrattuali; Mancanza di fondamento |
- Un trattato può prevedere un divieto assoluto di apporre riserve? | Sì. (Es. Statuto di Roma) |
- È possibile apporre una riserva alla Carta delle Nazioni Unite? | No, la sua natura e il suo scopo sono tali da non ammettere riserve. |
- Sono ammissibili le riserve con effetti “orizzontali” che possono pregiudicare il contenuto normativo dell’intero trattato? | No, le riserve con effetti “orizzontali”, ovvero riserve che si riferiscono all’intero trattato non sono ammissibili. (a carattere generale non ammissibili) |
- Uno stato può esprimere il proprio consenso a vincolarsi ad un trattato purché sia interpretato in maniera conforme alla propria Costituzione? | No perché in questo caso, pur non essendo previsto nella Convenzione di Vienna come caso di inammissibilità della riserva, è un caso in cui la riserva ha effetti orizzontali che riguardano tutte le disposizioni del trattato. Quindi le riserve che fanno riferimento alla costituzione di uno Stato (riserve di solito apposte dagli USA) o al valore supremo da attribuire alla sharia nei confronti della corte internazionale che si va a ratificare, sono vietate. il diritto internazionale non accetta che vi siano ordinamenti considerati superiori all’ordinamento internazionale. |
- Quali sono gli effetti della riserva tra lo stato riservante e le altre Parti del trattato? | Le altre Parti di un trattato possono: accettare la riserva; in tal caso, il trattato si applicherà tra lo Stato riservante e lo Stato che ha accettato la riserva secondo i termini della riserva stessa. Opporsi alla riserva: In tal caso, il trattato non entrerà in vigore tra i due Stati in relazione alle disposizioni oggetto della riserva, a meno che la Parte che si oppone dichiari di accettare l'applicazione del trattato nonostante la riserva. Rimanere silenziose: In questo caso, si presume che abbiano accettato la riserva. |
- Quali sono gli effetti dell’obiezione alla riserva nei rapporti tra Stato riservante e Stato obiettante? | Innanzitutto bisogna differenziare due tipi di obiezioni. Per quanto riguarda le obiezioni semplici lo stato obiettante dichiara inammissibile la riserva e fa una dichiarazione in cui spiega perché non è ammissibile. In tal caso, il trattato entra in vigore nei rapporti reciproci tra i due Stati ad eccezione della disposizione riservata dallo Stato riservante. Nel caso invece di obiezione qualificata, lo Stato obiettante non solo specifica i motivi per cui secondo lui la riserva è inammissibile, ma ne specifica anche le conseguenze nei rapporti reciproci tra i due Stati: vale a dire, dichiara che a causa dell’apposizione di tale riserva inammissibile, il trattato non può entrare in vigore tra i due Stati. |